La storia del vero Mojito: il più famoso cocktail cubano, inventato da Sir Francis Drake

Nel XVI secolo per assalire navi, depredare le coste e trafficare gli schiavi ci voleva fegato, in tutti i sensi: pazienza poi se te lo giocavi dopo pochi anni. Il “coraggio liquido” sulle navi di Francis Drake, cavaliere della corona inglese non proprio esemplare, si chiamava El Draque, come il soprannome latino del famoso pirata: una miscela – che qualcuno dice ideata proprio durante l’assedio de L’Avana nel 1586 – a base di zucchero di canna, succo di lime, foglie di hierbabuena (nome forse un po’ allusivo, ma si tratta solo della menta selvatica cubana), acqua e aguardiente (o tafia), un’acquavite distillata dalla canna da zucchero. Una sorta di rum non invecchiato che in questo antenato “grezzo” del Mojito svolgeva perfettamente il compito di scaldare gli animi dei marinai e anche di non far marcire l’acqua nelle botti, dove era appunto pre-diluito; il lime invece con la sua vitamina C combatteva la malattia che si diffondeva sulle navi, lo scorbuto. Il Mojito come lo conosciamo oggi comparve dalla seconda metà dell’Ottocento con la nascita del vero rum, quando cioè Don Facundo Bacardi y Massó perfezionò le tecniche di distillazione e invecchiamento fondando poi l’omonima distilleria.

Mojito, l’incantesimo che stregò Ernest Hemingway

Quando dici “cocktail” e “Cuba” salta fuori sempre lui, Ernest Hemingway, personaggio sorprendente tanto per le sue doti letterarie quanto per quelle di bevitore, che lo portarono a soffrire di epatite. Lo scrittore era innamorato dell’isola caraibica, dove vi soggiornò a più riprese tra i primi anni Trenta del Novecento e gli anni Cinquanta, quando si trattenne a L’Avana per un paio di anni per la stesura de Il vecchio e il mare, con il quale nel 1953 vinse il premio Pulitzer e il premio Nobel nel 1954.
A questo innamoramento contribuì di certo anche Angel Martinezdal 1942 bartender de La Bodeguita del Medio dove Hemingway era solito consumare il suo Mojito “speciale”, con rum bianco e rum scuro miscelati insieme. “My mojito in La Bodeguita, my daiquiri in El Floridita” lasciò scritto all’interno del locale, una frase leggendaria che fece la fortuna dei due cocktail cubani. E chissà se il nome mojito (che potrebbe derivare dal termine voodoo “mojo”, “incantesimo”) non nacque proprio osservando lo scrittore stregato da quel nettare.

Mojito, non Caipirissima!

Buono, buonissimo. Ma molti di noi il vero Mojito non l’hanno mai assaggiato. Soprattutto se lo abbiamo bevuto sempre al di fuori di Cuba, dove si consuma quotidianamente il sacrilegio della ricetta originale: il “Mojito sbagliato” o “pestato” si prepara schiacciando sul fondo del bicchiere fette di lime, zucchero grezzo e foglie di menta e aggiungendovi poi ghiaccio tritato e rum. Eccovi servita dunque tecnicamente una Caipirissima alla menta e non un Mojito. La variante italiana “Baxeichito”, nata a Genova a fine anni ’90 nella Ostaia de Banchi, si basa su questa formula sostituendo il basilico alla menta.

Per la ricetta originale cubana invece gli ingredienti sono questi.

4 cl di rum bianco
3 cl di succo di lime fresco
6 rametti di menta (meglio se hierbabuena)
2 cucchiaini di zucchero di canna bianco
Soda o acqua gasata

Preparazione

Mettete in un tumbler alto zucchero, succo di lime, rum e menta. Amalgamate il tutto premendo delicatamente le foglie di menta (ma non usate il pestello!), poi unite ghiaccio a cubetti (quello tritato si scioglie subito e annacqua tutto) e la soda. Decorate con un rametto di menta.


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