E’ il 2 novembre del 1960: i rappresentanti delle nazioni aderenti all’Iba (International Bartenders Association fondata il 24 febbraio 1951 presso il Grand Hotel di Torquay, Inghilterra, presenti 20 importanti barmen in rappresentanza di sette nazioni e che oggi raccoglie 36 associazioni distribuite nei cinque continenti), sono riuniti presso l’Hotel Scribe di Parigi per il tradizionale congresso annuale.
L’agenda degli argomenti da dibattere comprende al sesto punto la voce “discussione della codifica delle bevande”. A prendere la parola è il compianto presidente Aibes (e Iba) Angelo Zola: a fronte del numero sempre crescente di differenti bevande miscelate, egli propone la formazione di un comitato che riduca il vasto numero di cocktail e ricette.
Richiede ad ogni comitato nazionale di inviare le proprie preparazioni più tipiche al fine di stabilire una lista che comprenda tra i 50 e gli 80 cocktail che verranno classificati “approvati dall’Iba”. A un anno di distanza, a Olso; si ha la definizione delle “prime cinquanta ricette di cocktail approvate dalla presidenza dell’Iba”.
Con ciò non si è inteso – come potrebbe apparire dalla traduzione letterale degli atti riportati – limitare il numero delle preparazioni miscelate, bensì codificare un ricettario a livello internazionale in grado di definire con precisione i componenti dei drink prescelti più noti e richiesti) e le loro percentuali.
Attraverso la loro diffusione a ogni iscritto alle associazioni dei barmen delle nazioni aderenti all’Iba, per il consumatore sarà possibile richiedere e ottenere, ad esempio, uno Stinger sempre uguale un quanto a componenti, proporzioni, preparazione e servizio. Prendeva così il via la storia dei “50 mondiali”, il vangelo di ogni barman la base da apprendere, ma non solo da memorizzare, bensì studiare a fondo, analizzare poiché attraverso questo sarebbe stato
poi possibile soddisfare al meglio ogni richiesta specifica, ma pure comprendere i parametri per la costruzione di quel patrimonio unico che è il “ricettario” proprio di ogni barman, composto di preparazioni personali e inedite, molte delle quali, grazie alla propria validità, si affermano e acquistano notorietà, una fama che spesso si spinge oltre i confini nazionali.
Nel frattempo avviene anche che alcune preparazioni col passare del tempo non incontrino più gusto del consumatore, pertanto vengano sempre meno richieste e cadano nel classico “dimenticatoio”. Oppure, qualche barman non ci crede più, qualche barman a livello internazionale naturalmente.
E’ così succede che nel novembre 1985 ad Amsterdam, nel corso del congresso mondiale dei barmen Iba, viene istituita una commissione cui viene affidato il compito di esaminare la realtà del bere miscelato e apportare le opportune modifiche. Modifice che puntualmente che puntualmente vengono presentate l’anno dopo (sempre in novembre) nella caratteristica località normanna di Deauville: “mondiali” passano da 50 a 73, non solo con numerosi nomi nuovi, ma anche con numerose “uscite” cui si unisce un’appendice: i 25 cocktail vincitori del “Iba’s Word Challenge”, ovvero primi classificati ai campionati mondiali che si svolgono ogni tre anni.
E’ facile capire quale sia stato l’impegno per ogni operatore memorizzare e studiare a fondo le nuove ricette e soprattutto le modifiche di quelle rimaste. Lasciando una coda di polemiche discussioni, e in alcuni casi di rifiuta che si è protratta per alcuni anni. E siamo nel novembre del 1993 a Vienna: un’altra commissione che ha lavorato sull’onda delle critiche giunte dai bar di ogni parte del mondo (soprattutto i giovani non sapevano cosa fare: nelle scuole alberghiere gli avevano insegnato i mitici 50 cocktail in un dato modo, ora si trovano a ribaltare dosi e ingredienti) presenta così il nuovo abc del bere miscelato, i cocktail mondiali si riducono a 53 con l’aggiunta di quattro ricette analcoliche (alcune storiche, viene revisionata anche la tipologia e la denominazione di alcuni di questi. Insomma una rivoluzione che ancora oggi è in atto.
D’altra parte dobbiamo attenerci al regolamento anche se non a tutti è gradito: le proporzioni per la quasi totalità dei casi sono rimaste fissate in decimi (lo avevano deciso il 1986), ma per fortuna l’Alexander il Grasshopper e il mitico Negroni hanno riconquistato i “terzi” con il sommo gaudio dei “beventi”. Di conseguenza con il passare degli anni sono nate diverse altre associazioni e Club di Barman, tra cui il C.C.C. (Classic Cocktail Club) di il compianto Fondatore Franco Zingales, grande cultore del mondo del bere ed allora redattore capo di Bargiornale
VARI RICETTARI NEGLI ANNI
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