Per un aperitivo o un drink dopocena, non c’è niente di meglio di un buon cocktail. Dolci, secchi, acidi, fruttati o speziati, i cocktail offrono decine di declinazioni alcoliche e analcoliche capaci di soddisfare il gusto di tutti. Chi sceglie sempre lo stesso, e chi invece ama provarne di nuovi, magari lasciandosi ispirare dai loro nomi esotici ed evocativi.
I nomi dei cocktail sono espressione della fantasia di barman e appassionati di distillati, che nel corso della storia hanno sperimentato e creato nuove miscelazioni. Drink unici che hanno fatto il giro del mondo. Nei loro nomi stravaganti si riassumono storie e curiosità attraverso cui è possibile percorrere la storia del cocktail fin dalle sue origini.
Origini della parola Cocktail
Cocktail, parola che secondo una leggenda sembra derivi dal nome Xoctl di una principessa messicana, che un giorno offrì a dei soldati una bevanda a cui, per errore, questi diedero lo stesso nome della fanciulla, ha un’etimologia poco chiara. Varie ipotesi la collegano a termini europei, come all’inglese cock tail (coda di gallo), al francese coquetier, un contenitore nel quale in passato venivano serviti liquori a New Orleans, o al latino, come risultato della distorsione della parola aqua decocta, acqua distillata.
Di fatto, la prima definizione di cocktail, si ha il 13 maggio del 1806, nel libro Balance and Columbian Repository, in cui si legge: «Il “Cocktail” è una bevanda stimolante composta da superalcolici di vario tipo, zucchero, acqua e amari». Altro riferimento importante del XIX secolo è libro di Jerry Thomas How to Mix Drinks; or, The Bon Vivant’s Companion, in cui l’autore cita 10 drink chiamandoli cocktail. Caratteristica di queste bevande era l’utilizzo di amari nelle miscelazioni.
Ed è proprio dalle bevande di moda tra il XVII e il XIX secolo che presero spunto i cocktail creati in America durante il periodo del proibizionismo. Periodo fondamentale per questi drink, quando la creatività esplose come reazione al divieto di bere alcol, dando vita a curiose varianti in alternativa ai distillati di contrabbando e al bathtub gin (liquori scadenti cui vennero abbinati altri generi di ingredienti).
Il periodo d’oro dei cocktail
Tra gli anni Venti e Trenta vennero creati i cocktail che oggi troviamo nei menù dei migliori Cocktail Bar. Ne citiamo alcuni. Il Bloody Mary, che deriva il suo nome dal colore rosso sangue del succo di pomodoro unito alla vodka. Un cocktail già apprezzato all’epoca come testimoniato da una recensione di Lucius Beebe, sul New York Herald Tribune, nel 1939.
Il Tequila Sunrise fu creato da Gene Sulit, che unì alla Tequila la soda, il succo di lime e crème de cassis. La Tequila Sunrise che beviamo oggi, però, segue la variante di Bobby Lozoff, barista dell’Hotel Trident di Sausalito, che negli anni ’70 unì alla Tequila solo succo d’arancia e crème de cassis. Il successo di questo cocktail si intreccia alla storia della musica. I Rolling Stone, che assaggiarono questo cocktail da Bobby Lozoff in persona, decisero in seguito di chiamare il loro tour “Cocaine & Tequila Sunrise”, mentre gli Eagles dedicarono al drink il titolo di una canzone.
Oggi questi drink, insieme ad altri famosissimi come il Martini Dry, il Daiquiri e il Manhattan, sono i cocktail classici presenti in tutti i cocktail bar, serviti nelle loro ricette originali o in particolari varianti.
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